È sorprendente come un unico ingrediente possa rivoluzionare una cucina intera: è la storia di un piccolo, umile peperoncino rosso che ha segnato il destino gastronomico della Corea. Senza di lui, il Paese non avrebbe i famosi gochujang e gochugaru, due elementi oggi imprescindibili della cucina coreana.
Origine e produzione del gochugaru
In Corea il peperoncino rosso era sconosciuto fino a quando, nel XVII secolo, i mercanti portoghesi non lo introdussero in Asia orientale. Da quel momento il suo impiego si diffuse rapidamente, diventando presto un ingrediente imprescindibile; lo troviamo, per esempio, nel kalguksu.
Per ottenere il gochugaru, i peperoncini vengono prima essiccati al sole e poi macinati finemente. Sebbene oggi buona parte del procedimento sia stata meccanizzata, molte persone anziane in Corea continuano a prepararlo a mano secondo la tradizione.

Produzione del gochujang
Per preparare il gochujang si mescola il gochugaru con farina di riso glutinoso, farina di soia, sale e, a seconda delle zone, altri ingredienti. Il composto viene quindi trasferito in un grande vaso di terracotta, l’«onggi», dove fermenta per 2-3 mesi. Al termine si ottiene una pasta densa, di un rosso scuro, che, se lasciata nell’onggi, si conserva a lungo. Quello in commercio è sottoposto a trattamenti che arrestano la fermentazione; la versione casalinga, invece, continua a maturare, concentrando sapori e profumi.
Benefici del gochujang e del gochugaru
Gochujang e gochugaru sono piccanti, ma non raggiungono le punte estreme di peperoncini come il famigerato «ghost pepper». A seconda del produttore, il gochujang oscilla in genere fra 1.500 e 10.000 unità Scoville.

Ciò che mi colpisce di gochujang e gochugaru è la loro nota dolce, quasi zuccherina. Le spezie cinesi tendono a dare una sensazione leggermente anestetizzante, mentre quelle coreane regalano un piccante gentile accompagnato da una dolcezza sottile che adoro. Questo equilibrio, fra l’altro, rende il piccante più tollerabile anche per i palati sensibili.
Proprio come il kimchi, anche gochujang e gochugaru sono ricchi di nutrienti: proteine, vitamina B2, vitamina C e carotenoidi. Molti sostengono che il piccante favorisca la salute cardiovascolare; aggiungerne un pizzico ai vostri piatti, quindi, potrebbe dare una mano al cuore senza infiammare troppo la lingua. Inoltre il gochujang è sorprendentemente leggero: circa 30 calorie per 100 g e, dato che se ne usa solo un cucchiaio alla volta, l’apporto calorico è davvero minimo.
Utilizzo
Queste spezie compaiono in quasi ogni piatto coreano: se nel vostro bowl spicca un rosso acceso, potete scommettere che c’è gochujang, gochugaru o magari entrambi.
Tra i piatti che le prevedono ricordiamo il sundubu jjigae (zuppa di tofu setoso), il budae jjigae (la celebre “zuppa dell’esercito”), il dakgalbi (pollo saltato piccante) e il tteokbokki (gnocchi di riso piccanti). E naturalmente il kimchi: il suo volto moderno non esisterebbe senza questa pasta e questa polvere di peperoncino rosso.
Potete usare gochujang e gochugaru per ravvivare quasi ogni piatto: io li aggiungo spesso al riso fritto o ai pancake coreani alle verdure, ma il mio impiego preferito resta il pollo fritto coreano.

Questo piccolo peperoncino rosso, all’apparenza insignificante, ha però rivoluzionato la cucina coreana fin dal primo giorno.
Man mano che sempre più Paesi scoprono gochujang e gochugaru, è probabile che questo peperoncino finisca per rivoluzionare anche molte altre tradizioni gastronomiche. La maggior parte delle ricette, tuttavia, fa affidamento soprattutto sul gochujang, più che sul gochugaru.